Calcio scommesse, il fallimento della società italiana

Il mondo del calcio è in crisi? Bisogna fermare i campionati per tre anni? Non bisogna partecipare al campionato europeo? Io non lo so proprio, ma quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni a proposito della degenerazione della corruzione nel calcio, col calcio, proprio non c’entra nulla. C’entra, altresì, quello che pochissimi hanno il coraggio di vedere. C’entra il fallimento di una società basata sul vuoto esistenziale, intellettuale e di contenuti.

Questi ragazzi che di professione fanno i calciatori, rappresentano le vittime e carnefici di un’organizzazione sociale sorda e ignorante, uno stato di cose che li vede, a vent’anni, essere possessori di quantità imbarazzanti di denaro, senza che, nella maggior parte dei casi, un genitore o una società sportiva, siano in grado di orientarli, indurli, cioè, a comprendere che molto denaro, in giovane età, può portare alla rovina.

Invece no, se il talento c’è, prima di ogni altra cosa, c’è l’affare, il guadagno ad ogni costo, l’investimento per il futuro che crea un giro di centinaia di milioni di euro, tra contratti, pubblicità e scommesse. In mezzo a questo marasma di vergognosa fattura, perché ottenuto sulla pelle e, a volte, sulla salute, si trovano questi giovani con la convinzione di essere potenti e la facile patente della felicità portata dal potere dei soldi.

I calciatori italiani altro non sono che il frutto dei genitori italiani che, invece di crescerli con i libri, li hanno cresciuti col gratta e vinci, con il qualunquismo di una superficialità che diviene regola di vita, e che consegna i furbi e i ricchi agli altari della società, mentre, nel dimenticatoio e nell’ombra di questa, gli onesti e i colti. Genitori con la bava alla bocca che bestemmiano contro l’arbitro già dagli spalti dei campetti di terza categoria, e che si incazzano se un figlio, quella volta, ha sbagliato un gol. Tutto, sin dai primi calci, volto alla competizione esasperata, al risultato che porta i primi soldi, all’idea di umiliazione dell’avversario, perché vincere non basta, è necessario annichilire. Allora un gioco che dovrebbe essere una scuola di amicizia, di condivisione e di divertimento, diviene ciò che è oggi, e cioè scommessa, denaro, potere e ignoranza.

Qualcuno nei giorni scorsi ha dichiarato che, vista la situazione di eccessivo degrado, il calcio dovrebbe fermarsi per qualche anno. Io penso che, piuttosto che fare questo, sarebbe necessario eliminare totalmente e permanentemente, il fattore denaro, niente più scommesse, contratti milionari, cessioni e vendite di giocatori a cifre inammissibili, pubblicità e tutto il resto. Resettiamo tutto e riacquisiamo dignità.

Questa è la società in stato avanzato di decomposizione, in cui, a tutti i costi, con una pervicacia preoccupante, i molti vogliono far vivere ancora, anche se, questa, sta portando infelicità, stress, frustrazione e povertà. E’ necessario un cambiamento dalle basi, che ci possa portare tutti ad essere persone normali, perché oggi, di normalità, ne esiste davvero poca, ed è talmente povera che, le cose normali appaiono come anormali e le cose anormali come normali, ecco perché, dinanzi allo sfacelo della corruzione economica e morale del calcio, si continui a puntare soltanto  il dito su colui che ha barato, e mai sulle ragioni sociali che quel comportamento hanno prodotto.