Settimo torinese, la città senza librerie

Il 31 luglio corrente chiuderà definitivamente l’unica libreria presente a Settimo torinese,  città di 48000 persone, sita nella prima cintura della periferia di Torino. Una tristissima realtà, credo unica in Italia, almeno a parità di abitanti.

Il nostro contesto è uno dei tanti che, su tutto il territorio nazionale, si evidenzia per una sorta di similitudine angosciante e priva di entusiasmo ed iniziativa, è il tipico “paesone”, con la mentalità da “paesone” e la voglia di continuare ad essere ghetto industriale, e anche se le industrie chiudono una via l’altra, questa condizione, in fondo, dà una grande identità.

Vivo qui da otto anni, sufficienti per capire che, se non fai parte del solito “cerchio magico”, se non ti accomuni al luogo comune, se cerchi risposte per migliorare la situazione, se hai idee che si discostano da ciò che è abitudine, allora sei fuori, fuori dallo schema, fuori dall’accettazione altrui, fuori dalle possibilità di essere ascoltato, fuori dalle decisioni. Non che, personalmente aneli ad essere “dentro”, però la cosa che, davvero non capisco, è questa voglia di non avere responsabilità e la duratura e permanente volontà di essere città tamarra per eccellenza, in cui regna il divieto assoluto di pensare e partecipare attivamente alla vita sociale di un piccolo centro che, se solo lo si volesse, potrebbe rappresentare, grazie ad un rinnovato stile di vita, magari un piccolo esempio per altre realtà; invece no, meglio rimanere nell’alienazione completa del pensiero, foriero di presunte cessioni di responsabilità e problemi. Meglio che si muovano gli altri!

Facendo un breve calcolo, intorno e dentro le “nostre mura”, si ergono 4 centri commerciali e una miriade di punti dedicati alle scommesse sportive. Ecco la spiegazione per la quale, già era incredibile avere una libreria per 48.000 anime, figurarsi ora che non esiste nemmeno quella! Ma infondo chi se ne fotte di leggere e di perdere tempo in questo modo con tutti i problemi che ci sono, molto meglio rincoglionirsi di fronte ad una slot o da un tabaccaio a giocarsi i numeri del lotto le cui estrazioni, tra breve, saranno a tre minuti l’una dall’altra. Infatti leggere e semplicemente cercare di informarsi è davvero inutile, non porta soldi, anzi, te li leva; no, io voglio vincere i soldi, scommettendo e premendo il maledetto pulsante slot perché almeno così vinco i soldi per pagarmi la rata dell’Alfa Mito.

Poi, un bel giorno di qualche anno orsono, ecco che, da un’area ex industriale, pareva sorgere l’inaspettato, l’accadimento che tutto sovverte e crea speranza : una nuova e tecnologicamente avanzata biblioteca, posta all’interno di una piazza, anch’essa, nuova di zecca. Quando fu costruita devo ammettere che, a parte la bruttezza della costruzione, fui felice di constatarne l’esistenza in se, che poteva rappresentare un’occasione, da parte della cittadinanza, di riscattarsi dal passato, appunto, di dormitorio; e invece provate ad immaginare che è successo? Bravi, risposta esatta! Poco o niente : qualche studente e tanti anziani che vanno a leggere i quotidiani. Una sorta di cattedrale nel deserto che vivacchia non si sa ancora per quanto, vista la notoria verve della città per la cultura.

Certo, in tutto questo poco, esistono anche persone che, nonostante tutto, cercano di non scivolare nella mediocrità, camminando a testa alta, ma sono poche, pochissime in relazione ad una maggioranza spenta, disillusa e svogliata, una maggioranza dormiente che non sente di esistere e di vivere.

La mia speranza è quella che, un giorno svegliandomi una mattina come tante, io possa vedere, intorno a me, una rinnovata disponibilità a trattarsi un po’ meglio come persone, per iniziare ad avere quella caratteristica che non si vince scommettendo : l’amor proprio verso se stessi.

Per quanto riguarda la libreria penso che, a questo punto, ci vorrebbe un progetto gestito e finanziato dai cittadini in concerto con il Comune, con l’esclusione delle banche che, questo Paese (inteso come nazione) stanno contribuendo a far fallire. Una sorta di “libreria del cittadino”, gestita da tutti noi. Mah, speriamo in bene.