Questa volta “Genova per noi”

Noi, che a Genova nel 2001, non abbiamo usato le mazze e il porfido, e non ci siamo nascosti dietro ad un distintivo; noi che siamo andati per contrastare un’idea di mondo globalizzato; noi che, mentre sfilavamo, fregandocene della zona rossa, venivamo ristorati dai genovesi, lungo il percorso; noi che avevamo capito che, a Genova, era in corso un esperimento di dittatura.
La decisione di ieri della Corte europea dei diritti umani, sancisce, al di là di tutto che, Genova, fu un deliberato progetto per stroncare, in maniera fascista e spietata, il Movimento no global che, in quegli anni, stava coagulando intorno a sé, una miriade di realtà trasversali ed in contatto fra loro, come mai in precedenza. Questo fenomeno era inaccettabile per il potere, e doveva essere spazzato via in ogni modo; a questa planetaria nuova primavera  non doveva essere permesso un passo in più, di qui il golpe bianco genovese, l’11 settembre, Al Qaeda e, oggi, il terrorismo internazionale.
Di quei Social Forum, oggi, non è rimasto più nulla e, molti di quegli attivisti, si sono persi. Rimangono alcuni irriducibili, ma sono una minoranza esigua, senza alcun peso (lo so, perché ne faccio parte).
Dobbiamo dire, però che, sebbene la provvisoria vittoria sembra essere ad appannaggio di quell’idea di mondo globalizzato, la sentenza di ieri, crea un precedente continentale molto importante, perché sancisce l’incapacità italiana nel prendersi responsabilità di ogni sorta e sancisce, in modo improcrastinabile, la necessità di una legge sul reato di tortura nel nostro ordinamento giuridico. Un passo epocale che deve far paura a quei servitori dello Stato, tentati da squadrismo e odio ideologico.
Chiaramente, l’Italia, rimane a parer mio, un Paese nostalgico perché, se da una parte esistono i violenti in divisa di cui sopra, dall’altra esistono coloro che conservano in sé la speranza di un nuovo avvento del brigatismo rosso; la lotta armata non è morta e sepolta sotto la coltre di un dolore immenso per quella tragedia che furono gli anni di piombo, anzi, nel cuore di diversi attivisti è ancora viva.
Da questo punto di vista è necessario scegliere una parte, è per quella avere il coraggio di vivere: la mia parte è la Non violenza; e voglio essere ben chiaro con quanti reputano, questa scelta, come la scelta del vile. Il Nonviolento non è un codardo, anzi, è la persona più coraggiosa perché si schiera senza abbassare lo sguardo e senza coprirsi il volto, rinunciando alle armi, ma con la forza delle proprie idee, delle proprie convinzioni, che possono spostare montagne.
I potenti tenteranno di confonderci, impaurirci, isolarci e provocarci in ogni modo, e saranno ben lieti se la nostra reazione sarà violenta mentre, se avremo la forza di non abboccare e di disobbedire loro, in maniera profonda e vera, tutta la loro struttura d’odio cadrà, come, in passato, sono caduti i regimi e le idee repressive che sembravano eterni.