L’Italia è un paese finto! Finto cattolico, finto democratico, finto emancipato, finto liberale, finto civile. E’, al contrario, un paese conservatore, bigotto, tendenzialmente razzista, certamente maschilista, ignorante al di sopra di ogni ragionevole dubbio e molto, molto corrotto nell’anima.
Due giorni fa la Corte di cassazione, ha pensato bene di creare un precedente che, alla luce delle cose dette pocanzi, farà sicuramente giurisprudenza: ha confermato la condanna di secondo grado a due cinquantenni rei di aver stuprato una loro collega dopo una cena, facendo cadere l’accusa di aggravante, in quanto, la vittima nel momento in cui veniva abusata sessualmente, era in stato di ubriachezza, per aver assunto alcolici volontariamente.
La prima cosa che ho pensato è che si trattasse di una fake news, una di quelle notizie buttate nel web da qualche bar di periferia, grandi fucine per idiozie di vario genere. Poteva essere credibile e scatenare la corsa all’opinione più esasperata sui social; magari una sorta di esperimento per pesare il grado di imbecillità dell’italiano medio. Invece no, si trattava di un fatto realmente accaduto; cioè la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, ha davvero sentenziato una porcata del genere; davvero dei giudici hanno speso tempo (il loro) e soldi pubblici (i nostri), per rendere possibile una cosa impossibile.
Difficile da accettare perché, questo tipo di sentenze, non sono altro che l’ennesimo tentativo di spostare il concetto di comprensione, dalla vittima, verso il carnefice. A parte che, il solo immaginare due della mia stessa età, incontrarsi e ordire uno stupro, organizzando una cena in cui sperare che la collega beva, per aver campo libero con lei e violentarla meglio, mi dà la misura di quanto in crisi sia la maggior parte delle persone della mia generazione; gente senza uno straccio di dignità, di iniziativa, di cultura, perse nel fantacalcio e nel pettegolezzo, vuote e prive di slancio, ma sempre pronte a dare addosso al più debole, sino alle estreme conseguenze, come in questo caso. Già, il caso, perché di caso si tratta. E come tutti i casi forieri di conseguenze nefaste. Sì, perché ora, grazie alla lucidità della Cassazione, si pone ai futuri stupratori, un arma sensazionale per non pagare il prezzo intero della pena; si avrà la possibilità, cioè, di dire: ”Ok, l’ho violentata, ma mentre lo facevo lei era ubriaca perché, volontariamente, aveva assunto alcolici”.
E’ tutto molto sottile, ma non banale. C’è in atto il tentativo di creare un clima in Italia in cui, la violenza, il becerume, l’ignoranza, l’indifferenza, prendano il sopravvento sull’intelligenza e la sensibilità di capire che, di fronte a me, c’è un essere umano e non una cosa da sfruttare. Un clima che si sta facendo avanti in maniera inesorabile, accompagnato da governi razzisti e neo fascisti (scusate, populisti suona meglio), come quello in carica in questo momento per il quale, morire affogati nel mediterraneo, viene considerata una pacchia, o essere condannati per aver rubato una mela equivale ad essere condannati per aver ucciso qualcuno.
In questo calderone infame di stupidità ci sono le donne (tempi duri per voi sorelle). Le donne che, sempre di più divengono vittime di una società maschilista, per la quale se vieni violentata la zoccola sei tu perché, in fondo, con quella minigonna, te la sei cercata; in cui o carriera o famiglia, ma adesso va anche bene semplicemente o lavoro o famiglia; in cui “le donne sono troppo protette”; in cui “va bene la parità, ma adesso si sta esagerando”. E via così, in una visione putrefatta della dignità umana, resa merce prima e carne da macello poi.
La cosa che mi preoccupa è che, molte donne stanno iniziando a pensare come molti uomini, perdendosi un’occasione storica di rivincita verso il perbenismo che le ha relegate ad essere minoranza. Quante volte in giro per la città ho sentito discorsi di donne vacui che offendevano, invece che difendere la propria condizione, appoggiando appunto, il maschilismo più meschino. Quasi in una rinnovata sindrome di Stoccolma 2.0.
Tutto è esasperato e in questa esasperazione io auspico che, ogni minoranza si convinca di non essere tale, ogni donna e uomo inizino, davvero a capire che, la parità non sta nell’equiparazioni delle mansioni, ma nel rispetto reciproco. Ecco, il rispetto, quello da cui nasce l’amor proprio verso se stessi e gli altri, quello che ti impedisce di credere che il carnefice sia la vittima e la vittima sia il carnefice.