Ho sempre nutrito rispetto ed ammirazione per coloro che scelgono come missione quella dell’insegnamento. Certo, missione e non semplice professione perché, quando si incontrano i percorsi e le strade, nonché le scelte delle persone, nel compimento del proprio lavoro, per me, si tratta di una missione, di un modo cioè, di interpretare la propria vita, mettendola quotidianamente a disposizione degli altri, in maniera incondizionata e lontana da interessi che non siano quelli, appunto, dello sfruttamento del prossimo per un qualsiasi tornaconto personale.
I Maestri, siano essi materni, elementari o professori, hanno da sempre il compito di tramandare cultura, anzi, l’amore verso la cultura. Ma cos’è, in fondo, l’amore per la cultura? E’ la curiosità, che si tramuta in quella indomita pratica di continuare, ogni giorno ed in ogni momento, a farsi domande, a scoprire, cioè, le ragioni e la storia delle cose e degli eventi che ci hanno preceduti, in relazione alla prossima pianificazione del futuro che, ricordo, essere nelle nostre mani e nella nostra intenzione di fare o negare l’esistenza di ognuno di noi, negli anni a venire.
Il materiale umano che tutti voi, in qualità di Maestri di ogni tempo, avete a disposizione, è la parte migliore e più ricettiva della persona, quel periodo in cui ognuno è aperto alla conoscenza e al mondo in una maniera pulita e priva di infrastrutture esistenziali, scevre dal giudizio e dal senso di colpa. I giovani per questo sono meravigliosi quando incontrano Maestri degni, mentre divengono i più feroci distruttori, quando, quei Maestri, sono cattivi, depressi e rassegnati.
Molte volte le vecchie generazioni si trovano a sostenere l’iniquità e la scarsità di quelle giovani, non ricordando che, i giovani di oggi, sono figli dei giovani di ieri, Maestri o genitori che siano. Si pone in essere, in questo modo, il rifiuto delle proprie responsabilità di educatori, dando origine al vuoto generazionale, che crea voragini talmente profonde che le società tutte ne risentono enormemente, lasciando spazio all’ignoranza e al disinteresse, genitori primi del qualunquismo.
Ho sempre sostenuto che il livello di una società è dato dal livello di insegnamento: cioè, quanto più i docenti sono ispirati, motivati e svegli, tanto più, i ragazzi, sapranno rispondere in maniera positiva, lucida e straordinaria agli stimoli di un buon Maestro. E’ una sorta di scambio reciproco tra studente (giovane) e insegnante (meno giovane) che si contaminano a vicenda, superando la distanza tra generazioni e ricucendo anni di buio e qualunquismo crescente. Se non avviene questo, ecco che gli antichi fasti della violenza sociale e dell’anestesia del pensiero si ripresentano occupando uno spazio, e trasformando il mondo in un luogo piatto, retrogrado e malsano che, di fatto, si mangia anni di evoluzione e conquiste in ogni campo. Proprio quello che sta accadendo in Italia e non solo, con il ritorno possente del razzismo e della xenofobia.
Miei cari Maestri, è tempo di recuperare la capacità di prendersi le proprie responsabilità, aiutando i “vostri” giovani ad assumersene di sempre maggiori con il gusto e la forza di farlo. Per arrivare a questo dovrete fare un grande passo in avanti, rinunciando alla pigrizia che vi ha portati ad essere esecutori di scelte altrui; ripetitori annichiliti di ciò che sempre è stato e sempre sarà. Certo, come noi genitori, anche voi maestri avete una responsabilità se i giovani sembrano aver abbandonato il gusto della disobbedienza e la curiosità del sapere che genera domande profonde su tutto ciò che è esistenza oggi, e su tutto ciò che sarà esistenza domani.
La scuola, sebbene tartassata dalla politica del taglio lineare, potrebbe essere un’eccellenza meravigliosa, se solo voi Maestri in concerto con noi genitori e con loro figli/studenti, vi sforzaste di uscire da una pigrizia che, a voi per primi, ha tolto entusiasmo e slancio, passione e dedizione. Avete deciso, ad un certo punto che il mondo non si poteva cambiare, che era tutto inutile e che, il pragmatismo o presunto tale, era l’unico elemento degno di menzione. Non vi siete e non ci siamo accorti che i giovani, per anni ed ancora adesso nonostante tutto, stavano aspettando un cenno da tutti noi, un orientamento, un semplice scambio di idee, che potesse rompere quel muro fatto di ruoli sterili e per nulla costruttivi. Purtroppo l’indifferenza ed il quieto vivere hanno fatto il loro corso.
Oggi, ed è perfettamente inutile nasconderlo, il vento della violenza, del razzismo, del disinteresse e della superficialità, soffia forte su questa nostra malata Repubblica. Con il consenso dei molti si sta ponendo in essere un neo fascismo 2.0 che orienta, social network alla mano, tutto l’odio possibile sul più debole, creando emergenze laddove emergenze non ve ne sono e nemici, laddove nemici non esistono.
Tra le persone e, soprattutto in famiglia, la comunicazione è ridotta ai minimi termini perché, in fondo, nessuno ci ha detto che questa è determinante per la nostra vita, la cui essenza va morendo se non esiste più il passaggio dell’esperienza, la condivisione e la messa in discussione di tutto, sfruttando l’importanza, la misura ed il peso della parola.
Di fronte a questo scempio, a questa deriva del nulla che porta al non senso e alla dissoluzione, io mi domando :”Dove siete finiti Maestri di ogni tempo?” Come è possibile che non vi accorgiate di tutto questo e non alziate un dito per contrastarlo? Forse avete paura, forse non volete esporvi per non perdere presunti privilegi o, più semplicemente, vi siete arresi, e per questo vivacchiate, spendendo i vostri giorni in cui l’oggi è uguale al ieri e il futuro non è importante.
Certamente non avete compreso che questa realtà, questa vostra resa, sta pesando come un macigno sulla vita delle nuove generazione che, guarda caso, stanno ricalcando alla perfezione il vostro e nostro stato d’animo.
A volte passando di fronte al campus universitario di Torino, vedo decine e decine di giovani seduti al bar a discorrere del niente, e mi domando dove voi siate? Perché non siate seduti ai loro tavoli a “mettere temi”, a sollecitare il loro interesse, a discorrere di come vorrebbero il mondo, dando la vostra disponibilità e la vostra indubbia esperienza di persone, ancor prima che di Maestri? Nulla, preferite stare lontani da loro, forse temendo che una parola fresca come solo i giovani sanno essere, possa mettere in discussione le vostre radicate convinzioni e buttarvi, per un momento, giù dal piedistallo sul quale vi siete arrampicati e per il quale sareste disposti a tutto, pur di non perderlo. Un fenomeno, questo che, ahimè, già si vede chiaramente dalla scuola materna.
Vedete, quello che ho imparato in 49 anni di vita, è che la persona di cultura, l’intellettuale non è la persona che si pregia del suo sapere per mettere, la maggior parte delle volte, in difficoltà il prossimo, ma è la persona curiosa, che continua a farsi domande, per ricercare subito dopo una risposta. Ecco, questa è la cultura: non smettere mai di domandarsi e imparare senza limiti. Dunque, dove siete Maestri di ogni tempo?
Spero, davvero con tutto il cuore, che possiate accogliere questo mio appello, l’appello di un uomo come tanti che vive in una società i cui codici non riconosce più, in cui la violenza crescente non riesce più ad accettare. Uscite, rischiate e riprendete la carica e la passione dei vostri giorni migliori; quel tempo in cui sceglieste l’insegnamento perché lo sentiste profondamente come la vostra missione, la missione di aiutare le nuove generazioni a fare del mondo un posto sempre migliore e degno di essere vissuto.