La notte tra il 24 e il 25 aprile la lapide ai caduti della resistenza nei pressi del ponte del fiume Stura a Torino, è stata imbrattata da scritte in difesa dei Rom sgomberati qualche mese fa da un campo abusivo, che sorgeva alle spalle del monumento stesso.
“Ieri Rom ed ebrei, oggi Rom e immigrati”, “Solidali con i Rom sgomberati”, Comune nazista” e “25 aprile sempre”. Queste le frasi che apparivano la mattina del 25, sul cui contenuto non ho nessun commento da fare: ognuno pensa quello che crede e ne ha tutto il diritto. Quello che contesto e contro cui mi scaglio con tutta la forza, è il modo disumano e aberrante che hanno scelto per proporre le proprie idee. Per semplificare darò un nome di fantasia, Benito perché i modi usati sono propri dell’intimidazione fascista, alla persona o persone che si sono rese protagoniste di questa merda.
Caro Benito, volevi fare un’azione clandestina, una di quelle che ti piacciono, e che hai visto nelle tante fiction sul terrorismo anni 70 di Mediaset, e invece hai fatto una porcata, una di quelle cose che soltanto i vigliacchi come te, sono in grado di fare. Nascosto, nella notte con l’aiuto delle tenebre, ti sei avvicinato alla lapide sulla quale ci sono i nomi di coloro che, davvero, hanno lottato per difendere la Patria con la vita, e hai iniziato a riversare sui morti tutto il tuo falso idealismo.
Cosa possiamo dire? Che sei uno di quelli che non sa un cazzo della storia del Paese in cui sei nato, che sei un ignorante, un qualunquista, uno che dovrebbe tornare tra i banchi di scuola per imparare a leggere prima, e a leggere la storia dopo.
Sei, come molti altri che abbiamo visto in Italia, un utile idiota del sistema che dici di combattere. Un piccolo “uomo”, anzi omino, che non ha capito che, gesti del genere, sono proprio quelli che il potere preferisce, per ammazzare i più piccoli aneliti di libertà che un popolo, come il nostro, vorrebbe ottenere e che, invece, si trova a dover soffocare nella complessa quotidianità, figlia di anni di vita dissoluta.
Su chi sia stato, davvero, a scrivere quelle cose, personalmente ho alcune idee: non penso sia stata la F.a.i. (federazione anarchica italiana), troppo preparati per un errore del genere. Penso ad un Benito ragazzino che vuole avere consenso da altri Benito più grandi e padri ispiratori, nonché cattivi maestri. Oppure, la terza via, può essere quella di un consolidato depistaggio in tempi di elezioni amministrative.
Chi lotta sul serio non si nasconde, ci mette la faccia e sotto nome e cognome; non si nasconde e non colpisce alle spalle, proprio perché, la vigliaccheria nulla ha a che fare con la lotta, che prevede coraggio ed abnegazione. Poi, se vogliamo giudicare l’azione in sé, non ne si capisce la scelta logistica: cosa c’entra imbrattare un monumento a persone che, contro il fascismo, hanno lottato? Quale può essere il messaggio? Se proprio volevi fare un’azione eclatante, caro Benito, allora potevi scegliere un altro luogo, il Palazzo del Municipio o la Prefettura, ma quel luogo, anche per un niente come te, dovrebbe risultare un sacro luogo.
Insomma, in Italia c’è talmente tanta confusione che, anche la fantomatica lotta contro il sistema, risulta essere nel caos più assoluto, non solo senza punti di riferimento, ma soprattutto senza una logica e una preparazione culturale alle spalle. “Ad minchiam” come qualcuno diceva qualche anno fa.
Ritornando al o ai nostri Benito, l’ultima cosa che posso dirvi è che, per qualsiasi ragione abbiate commesso questa infamia, è tempo che vi togliate al più presto dalla situazione in cui vi siete ficcati, perché, oltre alla giustizia terrena, un giorno bisognerà fare i conti anche e, soprattutto, con se stessi, con le cose che si sono fatte e non fatte nel corso di una vita. Sarà lì, in quell’istante che, al di là delle mode e dei successi del momento, uno che ha creduto e lottato, si differenzierà da uno che non lo ha fatto, e guardarsi negli occhi senza imbarazzo sarà un problema. Non svendetevi, datevi una possibilità per il futuro. Il vostro.